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Cenni storici

vercurago paesaggioIl nome Vercurago tradisce origini celtiche. I primi insediamenti nella zona della Rocca (scavi del 1986-88) risalgono alla "Civiltà di Golasecca"(IX-V sec. A.C.). Una strada romana, diramazione della Bergamo-Como, passava da Vercurago sul percorso per Lecco.
Un documento del 814 (il più antico di tutta la Valle) attesta l'esistenza del villaggio di Vercoriaco e dell'Oratorio dedicato a San Protaso. Nelle sue disposizioni testamentarie, il nobile Rotprando lascia all' "oradorio sancti Prodaci in Vercoriaco" tutti i territori e possedimenti di sua proprietà posti nello stesso villaggio di Vercurago. Ecco un estratto del Codice Santambrosiano riportante il testamento: Testamento di Rotprando

Il castello, manzonianamente detto dell'Innominato, era forse in origine una torre di segnalazione di un sistema di fortificazioni carolingio.
Nel secolo XIII la fortezza fu dei Benaglio, famiglia guelfa egemone in Val San Martino. Al periodo delle lotte guelfo-ghibelline risale la scomparsa delle località contigue a Vercurago (e appartenenti alla giurisdizione del suo parroco) di Cremellina e Cornedo, così come l'abbattimento del castello (definitivo nel 1509).castelloinnominato
Dopo aspre battaglie combattute da eserciti comandati volta a volta dai più celebri Capitani di ventura dell'epoca (dal Malatesta al Piccinino al Carmagnola e al Colleoni), nel 1426, temporaneamente, e nel 1454 (con la pace di Lodi) in via definitiva, il territorio passa alla Repubblica Veneta e Vercurago diventa località di confine con il milanese, provvista di una dogana, attiva sino alla caduta della Serenissima nel 1797.

Nel 1528-32 il suo territorio è interessato alla virulenta guerra per il possesso di Lecco combattuta dal Meneghino.

Nel 1533 giunge Gerolamo Emiliani che insedia nella zona della Valletta la sua "Congregazione dei servi dei poveri" (poi divenuta Congregazione dei Padri Somaschi). Dalla morte dell'apostolo degli orfani (1537), Somasca diviene, in modo ininterrotto, luogo di attrazione e di preghiera per pellegrini provenienti dalla plaghe del Bergamasco e della Brianza. Nel 1566 San Carlo fonda a Somasca il primo seminario foraneo della diocesi milanese. A Vercurago si svolgono nel 1589, fra gli incaricati di Venezia e della repubblica delle Tre Leghe, Grumelli e Salis, importanti colloqui preliminari all'alleanza poi conclusa fra i due Stati nel 1603. Nel 1626 Gerolamo Miani è designato protettore della Valle San Martino; nel 1747 viene beatificato e nel 1767 proclamato Santo.

vercuragostoricaDopo la stagnazione demografica seicentesca, il paese si riprende nel settecento, mentre agli inizi dell'ottocento, con l'attivazione delle prime filande degli Scola, inizia un graduale processo di industrializzazione proseguito con le torniture in legno a fine ottocento, poi con la costruzione del grande complesso industriale della Pirelli nel 1917, e concluso con la diffusione di piccoli e dinamici apparati produttivi nel secondo dopoguerra.

Chiesa parrochiale dei Santi Gervasio e Protasio

La attuale veste non porterebbe a dire che si tratta di una delle poche chiese nominate avanti l'anno mille; nell'814 infatti era oratorio signorile della famiglia di origine longobarda di Rotpert (Rotfredo) de Wactingo, ricco proprietario non solo del luogo, ma pure in tutta l'alta Lombardia.

Nel 1264 la chiesa aveva già una curazia stabile decretata dal prevosto di Garlate e dal 1428, ma più sicuramente dal 1455, si configurava in beneficio autonomo.

Rifabbricata, venne consacrata nel 1550, nelle forme tipiche del targo gotico a capanna e tre archi traversi.

Sulla metà del settecento venne totalmente ricostruita secondo un disegno nel gusto del Caniana ma di Carlo Giuseppe Merlo, che realizzo una bella aula a sala, alta nella volta a botte ungulata, in due campate raccordate a smusso alla fronte a all'arco trionfale, unite da un breve spazio a botte dove si aprono le portine laterali sormontate da un vano a balaustrine, simili alle altre che sovrastano gli elementi svasati di un raccordo; le tribunette verso il presbiterio sono ora occupate dal pulpito scolpito con medaglione della Samaritana al pozzo e da una statua del Sacro Cuore; sotto le altre due anteriori stanno il battistero, con un vaso a baccellature più antico del ciborio settecentesco, e un confessionale.

Le medaglie della volta sono di Luigi Galizzi, circa 1870; settecenteschi invece gli affreschi del presbiterio coperto da tazza ovoidale; alle pareti organo Serassi del 1836, cantoria, seggi intagliati in stile, coro di fondo di fine ottocento.

Dietro l'altare barocchetto in marmi, che si dice acquistato nel 1760 dalla chiesa di Santa Caterina di Bergamo, sono affissi due quadri settecenteschi con una deposizione e santi e un battesimo di Cristo, posti ad affiancare il bellissimo Martirio dei patroni, attuato circa nel 1763 da Francesco Cappella quando fu compiuto il presbiterio.

Nella navata la prima campata reca un'Immacolata secentesca e una Madonna del 1861 di Casimiro Radice; la seconda si apre in due cappelle con altari neoclassici dalle basi finemente scolpite; a sinistra la statua della immacolata, di bottega di Valgardena del 1959, a destra la tela sempre del seicento con la Vergine che appare a San Carlo: su mensole ai lati degli altari sono composte due copie di interessanti statue in stucco di carattere barocchetto, coi santi Gioachino ed Anna, Giuseppe e Girolamo Miani, che compare anche nella tela della Deposizione.

Una corretta fioritura di stucchi decora la parte presbiteriale, certo ripresa dopo la consacrazione del 1857; antica pare la composizione dell'arco col Crocifisso del secolo XV retto da angeli.

L'armoniosa architettura, forata da finestroni mistilinei, ha semplice facciata a lesene, finestrone e frontoncino; nella parte inferiore, circa nel 1842, fu apposto un vasto portico trabeato e munito di un poderoso fregio a triglifi, su quattro colonne toscane riprese da corrispondenti mezze colonne, tutto rialzato sopra un podio a scalini: il disegno è di Lodovico Zambeletti. L'elegante campanile a sud, diviso in tre piani e con cella a lesene lisce, fu restaurato nel 1831 e rialzato intorno al 1860.

Sul sagrato prospetta un oratorietto tardo seicentesco, mentre il parapetto regge una colonna votiva in arenaria, coronata da un motivo in ferro battuto col monogramma di San Girolamo, il quale nel 1533, ebbe la prima ospitalità poco lontano in una casa di Pietro Borello.

Chiusa fra vecchie case, la Chiesa venne dotata di una piccola scalinata verso la contrada maggiore intorno al 1866.

Il portale neoclassico ha battenti in bronzo con formelle del 1987 dello scultore Claudio Nani.

La Rocca

roccaAlla radura del Castello siamo a 180 metri sopra il lago. Osservando dal basso non si ha l'idea della collocazione strategica del luogo, da cui la vista spazia con superba ampiezza verso Lecco e i colli della Brianza.

La storia del Castello o Rocca di Vercurago, manzonianamente detta dell'Innominato, è una storia del tutto militare, fino a quando vi viene ad abitare San Girolamo.

Partendo dal periodo medioevale, il Castello era forse in origine una torre di segnalazione di un sistema di fortificazione Carolingio, non è irragionevole, infatti, connettere la presenza documentata nell'anno 814, di un ricco Signore del villaggio di Vercurago – certo Rotfredo detto Prando, di legge Longobarda, protettore dell'oratorio di San Protaso – all'esistenza di un Castello sovrastante il villaggio.

Non sono comunque da scartare indicazioni sull'origine tardo romana della costruzione.

La fortezza, esisteva ai tempi del Barbarossa (1158). Del periodo successivo poco si sa, se non che, nel 1312, la Rocca figura tra i beni che Guido Torriani lascia in eredità ai congiunti.

Non è da escludere che la Rocca abbia avuto a che fare, al tempo delle lotte con i Visconti per il dominio nello stato Milanese, con gli spostamenti locali di Filippo Benaglio, "capitano" nella parte Torriana, comandante della resistenza Lecchese all'egemonia Milanese. Sfuggito all'assalto dei Milanesirocca1 a Lecco, probabilmente nel 1250 divenne Vercuraghese e cittadino Bergamasco. Egli è considerato il capostipite di quella famiglia Benaglio, che si consolidò fortemente a Bergamo durante la dominazione Veneziana. Acquisito nel 1469 a Venezia, il titolo di Conte e Consigliere Palatino, i Benaglio divennero nei successivi due secoli progenie tra le più importanti in assoluto di Bergamo.

Dal 1426, temporaneamente, e nel 1454 in via definitiva il territorio comprendente la Rocca passa alla Repubblica Veneta e Vercurago diventa località di confine con il Milanese, provvista di una dogana, attiva sino alla caduta della Serenissima nel 1797.

Una delle poche cose certe della Rocca è la data della sua distruzione. Essa avvenne esattamente a partire dall'8 settembre 1509, per ordine dei Francesi, che l'avevano conquistata pochi mesi prima, allorchè aveva preso avvio l'ennesima guerra contro Venezia. Da ultimo nel 1799 quando nello scontro tra Napoleonici e Austro-Russi per la conquista di Lecco, il muro della Rocca fu squarciato dai cannoni Russi.

 

La storia del Gonfalone e dello stemma di Vercurago

331px Vercurago StemmaCon delibera del 4 ottobre 1969 la Giunta Comunale incaricava il professore milanese Giuseppe Bonfanti di effettuare approfondite ricerche storiche ed araldiche volte a consentire la realizzazione del bozzetto per lo stemma ed il gonfalone di Vercurago, che all'epoca non disponeva ancora né di un proprio emblema né tantomeno di un personale ed originale labaro.

Dopo attenta valutazione, l'esperto consegnò una relazione nella quale esprimeva le seguenti considerazioni:
"Due sono le caratteristiche che debbono essere richiamate nello stemma comunale: il ricordo della lotta contro il prepotere visconteo, simbolo della lotta per la libertà, e la presenza dell'opera di S. Gerolamo Emiliani e il ricordo sempre vivo delle Sue virtù e dell'amore che ha avuto per Somasca e Vercurago".

Lo studio ed i suggerimenti del Bonfanti riscossero il plauso degli amministratori che, incaricarono subito il pittore vercuraghese Giovanni Secomandi di approntare gli schizzi e le tavole preparatorie dello stemma e del gonfalone; successivamente venne stilata la richiesta da inoltrare al Presidente della Repubblica per ottenere l'approvazione ufficiale e legale.

Nel documento inviato a Roma, ed in seguito ratificato, si parla di uno stemma "tagliato, nel primo, d'azzurro alla montagna della croce al naturale; nel secondo di rosso alla freccia e lancia d'argento poste in croce di S. Andrea e da due palle astate d'argento, poggiate colle aste sulla freccia. Corona, fronde, di quercia e d'alloro propri degli stemmi di comune".

Per il gonfalone, invece, si fa esplicita proposta di un "drappo tagliato di rosso e d'azzurro, riccamente ornato di ricami d'argento e caricato dello stemma con l'iscrizione centrale in argento <>. Le parti metalliche e i cordoni, d'argento; l'asta verticale ricoperta di velluto rosso e azzurro alternato e fissato con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia lo stemma comunale e, nel gambo, il nome del Comune. Cravatte e nastro ricolorati dei colori nazionali frangiati d'argento".

E' evidente la sintonia con quanto enunciato dal Bonfanti. Dobbiamo infatti ricordare che il colore rosso, che si voleva campeggiasse nella parte inferiore del labaro, rimandava esplicitamente ai Ghibellini (pro imperatore), e alludeva proprio a Barnabò Visconti, contro il quale si era lottato "nel territorio di Vercurago nel 1373". Al contrario, le sfumature azzurre, che si desiderava facessero da cornice alla parte superiore dell'insegna, intendevano richiamare i Guelfi (pro papato), gli artefici della lotta contro il Visconti medesimo.

Inoltre, sempre il campo superiore del gonfalone esprimeva la diffusa volontà di rendere omaggio alla vita e all'opera di S. Gerolamo, figura emblematica che aveva fatto conoscere in tutta Italia il nome di Somasca. Non solo, nel testo inviato a Roma si legge anche che "la via che s'inerpica lungo il fianco del monte della Croce e raggiunge l'eremo di S. Gerolamo è entrata nel paesaggio manzoniano anche per la presenza dei ruderi della rocca attribuita all'innominato..." tantochè, come ricorda l'epilogo della lettera, non vi è turista o pellegrino che non percorra quella strada o che non le mandi uno sguardo passando sulla strada nazionale o con il treno".

Le perorazioni e le argomentazioni dovettero risultare gradite e persuasive, dato che a distanza di pochi mesi, e più precisamente il 3 dicembre 1970, Giuseppe Saragat ed Emilio Colombo firmarono il decreto di concessione al Comune di Vercurago dello stemma e del gonfalone, il cui significato e la cui bellezza possiamo oggi comprendere e gustare appieno.